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I freelance e le pensioni: lavoreremo fino a 70 anni?

Augurandoci di arrivarci…sarà così? E poi, cosa ne ricaveremmo in ogni caso? Cerchiamo di far luce in modo pratico con l’aiuto del nostro amico commercialista. A voi poi le opportune valutazioni.

Settimana scorsa ho letto due articoli che mi hanno fatto riflettere. Uno riguarda l’apertura di sempre più partite Iva fra i giovani (50% di quelle aperte ogni anno) e un altro sulle nostre future pensioni.

  1. Partite Iva, nasce l’Osservatorio online – Nel 2011 meno aperture, ma è boom tra gli under 35 e
  2. Giovani, sorpresa pensione arriverà al 70% del reddito

Lette consecutivamente vien da dire: ok, i ragazzi non trovano lavoro come dipendenti e si buttano nella libera professione. Poi leggi delle pensioni di anzianità. Il titolo è ottimistico, infatti se leggete bene le tabelle per noi liberi professionisti, non avremo il TFR e avremo solo il 60% dell’ultimo stipendio (sperando ottimisticamente che vada in crescendo). E ricordatevi che noi liberi professionisti non abbiamo nè 13ma nè 14ma, anzi proprio nei mesi in cui dovremmo riceverle abbiamo le stangate più forti di tasse e inps.

Cerchiamo di far luce sulla questione in modo lucido con l’aiuto del nostro commercialista di fiducia: Fabio Micera, e traiamo le nostre conseguenze alla fine di tutto.

Ciao Fabio, hai letto anche tu i due articoli che ho menzionato? Che ne pensi? Sapevamo un po’ tutti che avremmo lavorato fino alla vecchiaia per poi morire di stenti, ma valeva la pena dirlo così apertamente? 🙂

anzianoMeglio dirlo apertamente che lasciar passare la notizia in sordina. La contribuzione previdenziale è un argomento molto importante che viene quasi sempre tralasciato.

Si pensa spesso a quanto guadagnare nel presente e si può certamente capire in questo particolare periodo economico, bisogna però considerare anche il momento in cui si smetterà di lavorare e si potrà contare solo su quanto ‘accumulato’ negli anni precedenti.

C’è stato un grande cambiamento con il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo in termini di pensione percepita e lo hanno potuto constatare i pensionati che hanno incominciato il lavoro ben prima del 1995 e hanno avuto il vantaggio di aderire al vecchio sistema che garantiva redditi da pensione più elevati.

Scrooge
Finiremo come Scrooge?

In merito agli articoli che mi hai inoltrato posso fare due considerazioni: la prima riguarda la percentuale indicata per l’importo della pensione (70% dell’ultimo stipendio di un dipendente) che come specificato nell’articolo, dipenderà soprattutto dal fatto che lavoreremo di più, cioé andremo in pensione più tardi dei nostri genitori. Di conseguenza, il contributo di parte del reddito a favore della futura pensione sarà più basso ma moltiplicato per più anni di lavoro darà una pensione più alta. Qui giunge la seconda considerazione che riguarda il lavoro stesso. Purtroppo la situazione non è affatto rosea, sento molti ragazzi che vorrebbero aprire la partita iva nella speranza di poter guadagnare di più di quanto percepiscono con contratti di collaborazione e/o a progetto. Il problema grave è il fatto che spesso sono le aziende che spingono verso contratti di collaborazione con professionisti a partita iva. Il carico contributivo pensionistico in questo caso passerebbe direttamente in testa ai lavoratori, con aggravi di spesa non indifferenti.

Hanno tutti l’idea che partita iva significhi guadagnare quanto si vuole, ma non è così per una serie di motivi: la crisi che impone prezzi bassi, società che ti pagano con scadenze da mutuo ventennale…Che soluzioni ci possono essere per noi miseri freelance?  Fuggire all’estero? Una pensione integrativa?

rich man
Uomo ricchissimo, ma vecchio 🙂

Quest’idea penso derivi dal passato, anche recente, in cui il professionista o l’imprenditore veniva automaticamente considerato appartenente alla popolazione ‘benestante’ rispetto al lavoratore dipendente. La critica che muovo nei confronti di molti professionisti (non tutti ovviamente) sta nel fatto che non c’è stato, nel periodo delle cosiddette ‘vacche grasse’, la volontà di investire e di rinnovarsi mentre il mercato cambiava di continuo. Ci si è ritrovati così in questo periodo negativo in cui non si hanno le risorse necessarie per poter fronteggiare la crisi.

Bisogna anche essere realistici e sinceri, nel senso che aspettarsi di guadagnare come in passato è assolutamente anacronistico per i motivi a cui tu hai accennato e sui quali vorrei soffermarmi. Il cambiamento del mercato impone di studiare e aggiornarsi di continuo per aumentare le proprie capacità e per trovare nuovi mercati a cui offrire i propri prodotti/servizi.

fuggire
Volare, fuggire, dove?

Aspettarsi di guadagnare reddito sufficiente a vivere senza continuare ad aggiornarsi e crescere con nuovi progetti è un suicidio, (NDR: aiuto, sigh sob!) come penso voi mi possiate confermare. Lo stesso fermento si riscontra tra noi commercialisti. Vi assicuro che vi sono moltissime discussioni concordanti in merito al fatto che il commercialista di vecchio stampo, cioé il fiscalista che si ‘fa dare le carte dai clienti e fa le dichiarazioni’ non può più esistere, perché i propri assistiti richiedono un supporto più elevato per conoscere l’andamento della propria situazione aziendale/professionale.

Fuggire all’estero…può anche essere una soluzione se non si ha paura di allontanarsi spinti dalla passione per il proprio lavoro, anche qui però gli esempi descrivono sempre fughe per mera necessità. Potrei suggerire allora una fuga ‘intellettuale’. Come freelance, quindi con piena libertà nello svolgimento del proprio lavoro, si potrebbero offrire i propri servizi anche all’estero, considerando il mercato europeo e non solo italiano, il proprio target. (NDR: approvata!)

Nel caso della pensione integrativa, come funziona?

salvadanaio
Meglio il salvadanaio?

Funziona iniziando a comprendere il fatto che sia una pensione integrativa e non sostitutiva della pensione di vecchiaia. Il soggetto versa una serie di somme che potrà percepire come rendita vitalizia a fine carriera lavorativa, i soldi investiti vengono di norma rivalutati in percentuale in base a dei tassi che non tengono sempre conto però dell’aumento dei prezzi che avviene di anno in anno e che può far diminuire quanto si guadagnerà complessivamente. Il guadagno totale finale prospettato può essere quindi inferiore rispetto a quanto preventivato all’inizio del contratto. Bisogna dire che in Italia c’è stata una profonda evoluzione con la scelta di destinazione del proprio TFR, il fondo di fine rapporto dei lavoratori dipendenti. In altri Paesi europei, la pensione integrativa, il cosiddetto secondo pilastro della previdenza, è obbligatorio ed assitito anch’esso dallo Stato.

Può sembrare un giudizio di parte, data la mia professione, ma il consiglio che posso dare è quello di instaurare un dialogo con il proprio consulente anche in quest’ambito. Questo discorso segue perfettamente le mie considerazioni precedenti circa la consulenza che un commercialista moderno dovrebbe fornire ai propri assistiti. La valutazione di un professionista (qualsiasi sia il suo ambito lavorativo) deve essere fatta non solo in senso economico ma anche nel valore aggiunto che ci può dare con il suo aiuto professionale. Non ha più senso scegliere il nostro partner lavorativo solo perchè lo abbiamo sotto casa e ci sembra la soluzione più ovvia ma perchè la sua passione nel lavoro è la stessa passione che mettiamo nel nostro e l’alleanza risulterà sicuramente vincente.

Grazie Fabio, in parte mi ha rincuorato infatti parlarne con te.

Vien da chiedersi come siano messi all’estero con le pensioni, ma magari ne parleremo in una prossima puntata 😉 )

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