Oggi mi sono ritrovata a parlare con un collega di hosting, e mi è venuta in mente un curioso episodio capitato ad un cliente.
Questo povero e sprovveduto cliente pagava la bellezza di 1.300 annuali un tecnico che veniva periodicamente in azienda a verificare che tutto andasse bene su un server (che fisicamente non è altro che un computer), non so se quest’ultimo acquistato dall’azienda o offerto “in affitto” dal tecnico medesimo, a sua volta dipendente di una società IT.
La cosa mi ha fatto rabbrividire quando ho scoperto che su questo server risiedeva unicamente lo spazio destinato ad un sito internet di poche pagine e le caselle di posta di una dozzina di dipendenti. Incredibile: erano stati truffati bellamente. Ma questa cosa l’ho scoperta solo alla fine di una lunga contrattazione in cui chiedevo a tali tecnici di adeguare il server alle necessità del nuovo sito che andavo a creare, ed essi non riuscivano a venirne a capo, accusando me di non aver fatto un buon lavoro con il sito e che non capivano dove stava il problema. Di solito chi alza di più la voce è colui che è in torto, ed infatti, dopo diversi scambi e la scoperta della tariffa annuale da loro pagata, mi sono sentita di suggerire un hosting “condiviso”, che è la soluzione adottata dal 90% dei siti in circolazione, trasferendo così il dominio e le caselle email su altro spazio. L’iniziale diffidenza li ha resi oggi contenti di un servizio veloce, efficace, indipendente da tecnici di sorta e soprattutto con 1.250 euro in più in t